Udinese, 40 anni dal gol capolavoro di Miano contro l’Inter: «Zico voleva che tirassi subito, ma non lo ascoltai»
Il 31 marzo 1985 il centrocampista segnò una rete d’antologia dribblando tutta la difesa dei nerazzurri, prossimi avversari dei bianconeri in campionato. «Oggi sono loro i più forti, ma affrontare gli uomini di Runjaic non è mai piacevole»

L’arco dello stadio Friuli di capolavori ne ha visti tanti dal 1976 a oggi. Dalla rovesciata di Claudio Vagheggi contro la Sampdoria il 14 aprile del 1979, alle punizioni di Zico, per arrivare ai più recenti colpi da biliardo di Totò Di Natale. In questa nobile lista non può non esserci la rete del 2-1 che Paolo Miano segnò all’Inter il 31 marzo del 1985. Lunedì quella magia compirà 40 anni e il giorno prima l’Udinese sarà a San Siro ospite proprio dei nerazzurri. Che sia di buon auspicio?
Miano, è vero che mentre slalomeggiava tra i calciatori dell’Inter sentiva la voce alle sue spalle di Zico che le diceva di tirare? E perché non seguì quel consiglio?
«Semplice, avevo il pallone sul sinistro e quando con la coda dell’occhio vidi quell’ombra gialla, il portiere, venirmi addosso, preferii far scorrere la palla. Con quel movimento mi liberai di altri due giocatori e calciai nella porta rimasta vuota».
Lei ha segnato undici gol in serie A. Quasi nessuno banale.
«Un paio sì. Al Cesena di piatto a porta spalancata e uno al Genoa quando in una partita segnai i miei primi due gol in serie A. Mi venne incontro Martina che la domenica precedente aveva steso Antognoni e decisi di calciare invece di tentare di dribblarlo proprio ripensando a quello che era successo la domenica precedente».
Undici gol, quanti di sinistro?
«Due. Uno a Torino con la Juve e l’altro nel 5-1 al Verona. Comunque lo sapete, il gol non è mai stato il mio pezzo forte, meglio l’assist. All’esordio in A con la Pistoiese feci il passaggio vincente per il gol di Neumann».
In quell'Udinese-Inter di 40 anni fa c’era un illustre ex in campo con la maglia dell’Inter: Franco Causio. Ricorda cosa le disse a fine partita?
«Mi pare nulla. Ricordo, invece, bene una entrata decisa su di lui di De Agostini che lo fece un po’ arrabbiare».
In campo si rese conto della rara bellezza di quel gol?
«A quei tempi non c’erano le tv che trasmettevano tutto in tempo reale. Facevi la doccia, con il pullman tornavi in albergo e non facevi in tempo a vedere Novantesimo Minuto. Dovevi aspettare le 20 quando c’era Domenica Sprint. Quando vidi le immagini capii che avevo segnato un gol diverso dagli altri».
Sono passati 40 anni, prima riflessione?
«Sto diventando vecchio».
Quella prodezza è rimasta negli occhi dei tifosi che ancora oggi la ricordano.
«Pensate che all’inizio degli anni Novanta la Toshiba usò quel gol con i vari fermo immagine di quella azione per fare la pubblicità dei videoregistratori di ultima generazione. Non mi hanno regalato neanche un videoregistratore. E l’Enciclopedia della De Agostini, tra il 1997 e il 1998, nel dvd con lo spot per il calcio inserì quel gol».

Miano, lei non ha mai indossato la maglia azzurra. Se giocasse oggi sarebbe di sicuro in Nazionale. Ci pensa mai?
«Sì. Soprattutto dopo l’avvento di Sacchi come ct bastavano due buoni mesi in serie A per essere convocati. Io ho fatto solo una presenza nella Nazionale Olimpica. Rifiutai la seconda convocazione perché mi sentii un tappabuchi. A eliminazione avvenuta avevano detto di no almeno sette-otto titolari».
Ha mai saputo di essere stato seguito dall’Italia?
«A inizio anni 90’ incontrai Bearzot a Klagenfurt in occasione di un torneo per le Nazionali Under 40. Mi confessò che ero stato messo sotto osservazione, ma che non riuscivano a capire che ruolo avessi. In effetti, io a inizio carriera giocavo dietro le punte poi con l’arrivo di Causio, Mauro e Zico sono retrocesso a fare un ruolo di fatica che però non era il mio. Me lo ha detto anche Dal Cin qualche anno fa».
Che cosa?
«Mi ha detto che ero l’anello debole di quella Udinese perché giocavo fuori ruolo. E infatti nei piani c’era quello di fare un centrocampo con Casagrande e Junior e cedere Edinho comprando un libero italiano, mi pare Bini».
Le piace il calcio di oggi?
«No, mi annoia. Sono d’accordo con Capello quando dice che si gioca troppo per vie orizzontali, che bisognerebbe verticalizzare di più il gioco».
Bastano due mesi per andare in Nazionale ma anche per essere definiti in maniera impropria fuoriclasse.
«Facciamo chiarezza. C’è la plebe del pallone come me e il mio amico Cinello (che gli è seduto a fianco, ndr) e poi altre due categorie: i campioni come il Barone Causio e quelli che sono nell’Olimpo ovvero gente del calibro di Zico, Maradona, Platini e Falcao per citare gli stranieri degli anni Ottanta che giocavano in Italia ma poi ovviamente Pelè, Cruyff, Van Basten e per arrivare ai nostri giorni Messi e Cristiano Ronaldo».
Ci ha giocato contro il Milan degli olandesi?
«Sì. A San Siro c’è una palestra dove le due squadre si riscaldano. Vedere da vicino Gullit e Van Basten mi fece impressione. Marco in campo si muoveva in punta di piedi, aveva una leggerezza e al tempo stesso una potenza impressionanti».
Se le chiediamo dell’Udinese la troviamo impreparata?
«Non del tutto. Dai tempi di Guidolin questa, assieme a quella di Sottil, è sicuramente la migliore stagione. Non conosco Runjaic, ma i risultati stanno parlando per lui. Credo che la grande paura vissuta nella stagione precedente abbia convinto la società ad allestire una rosa migliore da un punto di vista qualitativo. Thauvin è il giocatore che se sta bene fa la differenza e dietro l’inserimento di Solet ha cambiato un po’ la vita alla squadra».
Domenica, quasi in coincidenza dell’anniversario del suo gol che cade lunedì, c’è proprio Inter-Udinese.
«Quella di Inzaghi a detta di tutti è la squadra più forte, però affrontare l’Udinese oggi è poco piacevole».
Il ritorno di Sanchez non sembra aver dato gli effetti sperati.
«Non guardate solo a quello che vedete in campo durante le partite. La sua presenza può essere stata utile per la crescita di giovani come Lucca e Iker Bravo».
Cosa si aspetta dall’Udinese in questo finale di stagione?
«Di concluderla meglio rispetto a quella di tre anni fa. Mi dicono che la presenza di una figura come Inler sia stata utile sia in spogliatoio che per l’impatto di Runjaic con il calcio italiano».
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