Ami e Veit: due cuori, una ricetta e un libro
Doveva essere una semplice intervista doppia, una domanda e due risposte. Invece, a casa di Ami Scabar e Veit Heinichen, ristoratrice d’eccellenza lei e scrittore di successo lui, è stato un viaggio scomposto nel macrocosmo dell’enogastronomia, più centrato sulla ricerca degli aspetti sensoriali dei singoli ingredienti per lei, che alle stelle Michelin preferisce la valorizzazione rigorosa del prodotto locale, più finalizzato alla curiosità etnologica e agli aspetti sociologici per lui, che traduce in parole il mondo di Ami che ora è anche il suo, un mondo che va dai capperi al sommaco.
Un viaggio che congiunge cervello e stomaco, finito a burro e olio.
È Ami a trovare la sintesi figurata della tradizione culinaria triestina.
«Nella mia famiglia, in ogni soffritto si usava un po’ di olio e un po’ di burro. È normale, qui a Trieste. Nord e sud, est e ovest, dolce e acido si trovano in ogni piatto. Per me è una questione di bilanciamento dei sapori, di mescolanza senza prevaricazione, di soddisfazione per ognuno dei sei gusti che possediamo e che viene valorizzato solo se l’ingrediente di base è ottimo, altrimenti si deve intervenire con i correttori come pepe, sale, aromi».
Veit è uno degli scrittori noir europei più conosciuti e di successo. Le sue metodiche ricerche storiche approdano a Trieste e includono personaggi e luoghi con riferimenti non proprio casuali.
«Per me è interessante scoprire come, nelle tradizioni culinarie di questa terra, si specchi la vita. Un luogo si conosce prima attraverso il cibo e le chiacchiere con chi lo abita che attraverso la letteratura».
La vostra idea di cibo e territorio è compendiata in “Trieste città dei venti”, scritto a quattro mani più di 15 anni fa e ancora uno dei libri più venduti per chi voglia conoscere a fondo questo luogo. Come nasce?
Ami: Ci eravamo appena conosciuti. Io, che avevo già qualche esperienza letteraria alle spalle, cercavo una penna che mi aiutasse a realizzare la mia idea che era quella di unire le due anime di Trieste, quella terragna e popolare e quella aulica e letteraria, attraverso alcune ricette iconiche.
Veit: Grazie al mio editore tedesco abbiamo potuto agganciarci a una collana che già esisteva e che era dedicata alle “Oasi di pace”. La prima edizione era molto lussuosa ed era anche corredata da foto a colori di posti e persone che ora non ci sono più, come Srecko, l’ultimo pescatore di Santa Croce. Mi affascinava questa città dove l’Europa è di casa e si riflette nelle pentole.
Dal libro emerge sintonia e complicità…
Ami: All’inizio Veit non conosceva così bene il territorio e l’ho aiutato a scoprirne le chicche e produttori più rigorosi. Non è stato difficile, venivo da molti anni di degustazioni con Slow Food ma, soprattutto, avevo vissuto questo territorio all’ombra di un gelso secolare nell’osmiza di famiglia e tra i campi di frutta e verdura di mio papà. Mi basta chiudere gli occhi e aprire i sensi per riconoscere un sapore.
Veit: Siamo concordi su molti aspetti come il voler sapere e la curiosità per la genesi di un prodotto, ma Ami ha il grande dono di un palato perfetto e di saper trasformare ogni ingrediente senza rovinarlo, mantenendone intatto il gusto e abbinandolo con gli altri in perfetto equilibrio. Solo con il kren, una semplice radice, è riuscita a ideare oltre 50 ricette, compresi dolci e antipasti!
Nel vostro libro i vini del territorio hanno un capitolo dedicato ed emergono preferenze nette. C’è un vino che amate particolarmente?
Ami: Mi piace fare l’aperitivo con la Vitovska di Kante, ma con un branzino al sale cambio zona e mi sposto sul Collio con un buon Friulano. Veit ama la Malvasia invece...
Veit: Non è proprio così, e questa è una domanda a cui non mi piace rispondere perché la vera fortuna è avere molte preferenze e poterle cambiare sempre! La selezione 2010 della Vitovska di Kante è un capolavoro, lo stesso anno per la Vitovka di Vodopivec, che con il rombo sta da dio.
A casa, ora che anche il ristorante Scabar è chiuso, chi prepara la cena?
Veit: Beh, in cucina ora non posso entrare. Siamo insieme da 18 anni e a casa ho sempre cucinato io. Adesso, se lei è nei paraggi il pesce è senz’altro off limits.
Ami: Lui fa una buonissima Gulaschsuppe ed è un appassionato della cucina asiatica. Veit cucina fusion e nell’orto ha lemongrass e coriandolo ma anche olive e radici di kren. Del resto, in pochi luoghi come a Trieste si può decidere giorno per giorno se mangiare di terra o di mare.
Tra terra e mare si trova metaforicamente anche la casa di Ami e Veit, una specie di Eden sospeso tra Carso e Adriatico, pastini di ulivi e scarpate di capperi.
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