“Bella ciao” e garofani per il comandante FOTO 1 - FOTO 2 - VIDEO
UDINE. «Grazie Federico, maestro di vita e di democrazia». Più che in un addio l’ultimo saluto a Federico Vincenti, lo storico presidente del Comitato provinciale dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani) morto sabato scorso all’età di 91 anni, si è trasformato in un ringraziamento corale per la coerenza con cui aveva combattuto dal 1940, quando era poco più che un ragazzo, per la libertà.
Un eterno partigiano ricordato, ieri, davanti al monumento dedicato alla donna partigiana, fortemente voluto da lui, dai parenti, dai nipoti Federica e Andrea, dalla nuora Viviana Croatto, dai compagni di una vita, dai politici di ieri e di oggi e da tanta gente comune che in quel funerale ha ripercorso una pagina di storia.
Alle 14, piazzale Cavedalis era un insieme di bandiere tricolore, di labari portati dai rappresentanti dei Comuni e delle associazioni combattentistiche italiane e slovene, di fazzoletti e camice rosse, di tante persone ritrovate attorno alla bara sulla quale spiccava la corona di fiori rigorosamente rossi della famiglia e quella dell’Anpi.
Qui tra lacrime, frasi interrotte dalla commozione, le note di Bella ciao o di Fischia il vento, l’ultimo abbraccio al comandante partigiano che nei 49 anni di presidenza Anpi ogni giorno ha difeso e promosso i valori della Resistenza, della democrazia e della libertà. L’ha fatto dalla sua scrivania ancora piena di libri e appunti che ora nessuno, ha affermato Flavio Fabbroni nel suo discorso, ha il coraggio di toccare. La città gliene è grata.
«Oggi ci sentiamo tutti più soli perché Vincenti era una presenza fortissima che sapeva prendere posizioni molto chiare» ha sottolineato il sindaco, Furio Honsell, secondo il quale «l’unico modo per ricordarlo è continuare a guardare avanti con il tuo sguardo severo, alle volte critico quando sosteneva che avremmo potuto fare di più». Da qui l’impegno della città «a far sì che il tuo esempio resti alto e che tu possa essere orgoglioso di noi».
Ai discorsi interrotti più volte dagli applausi si contrapponeva un sentire comune che era quello del rispetto, della riconoscenza verso Vincenti e tutti i ragazzi, poco più che ventenni, che sono arrivati a rischiare le loro vite per consegnarci un futuro migliore. Vincenti con la moglie Ana Jurinich, la compagna di vita dalla quale aveva dovuto separarsi due mesi fa, era uno di loro.
«Dietro la scorza apparentemente dura c’era un uomo straordinario, sensibile, umano e civile. Un instancabile difensore degli ideali della Resistenza - ha ricordato la vice presidente dell’Anpi nazionale, Stanca Krovatin, - caro compagno che la terra ti sia lieve».
E trattenendo a fatica la commozione anche il rappresentante dei partigiani sloveni, Stefan Cigoj, ha aggiunto «mandi compagno Riko» convinto che Federico e Ana avranno un posto privilegiato nel cuore di tutti, anche oltre confine. Commosso non poco pure il presidente dell’Istituto per la storia di liberazione, Giovanni Spangaro, il quale non ha nascosto che quando muore un partigiano lo coglie l’angoscia.
«Uno alla volta, vedo sparire gli uomini con i quali da ragazzo ho avuto la fortuna di combattere» ha proseguito Spangaro incitando i giovani a prendere esempio da Vincenti e a «lottare per la democrazia per prendere in mano questa Italia vecchia, liberarla dai vecchi che non vogliono mollare i privilegi e cambiarla».
«La vita di Federico era monolitica, fondata sulla difesa dei valori, sulla lotta al fascismo, al revisionismo storico, alla politica quando denigrava la Resistenza» ha ripetuto Fabbroni tracciano il profilo inedito ai più del partigiano che lavorava nella biblioteca civica di Udine dove aveva maturato la passione per l’archivistica. Passione che lo portò a creare un archivio di fotografie e documenti unico nel suo genere. Anche questo era un modo per promuovere i valori in cui credeva come il rispetto delle regole, della Costituzione in primis, per la quale, ha evidenziato sempre Fabbroni, «i partigiani hanno lottato senza chiedere nulla in cambio».
Addio comandante. «Riposa in pace, noi dell’Anpi ci impegnamo a tenere alto il nome dell’associazione» ha concluso il professore spiegando che questo era il volere di Vincenti perché lo storico presidente «non chiedeva, pretendeva forte della sua moralità. Grazie».
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