Bollette dell’acqua non pagate, il Cafc taglia 1.200 contatori

Le piombature sono in aumento anche se in molti casi viene garantito il minimo vitale. Il presidente Gomboso: l’insoluto è pari al 10% ed è coperto da chi versa regolarmente

UDINE. La crisi incombe e migliaia di famiglie non ce la fanno a pagare le bollette dell’acqua. Lo scorso anno i tecnici del Cafc (Consorzio acquedotto Friuli centrale) hanno piombato 1.200 contatori. Questo significa che dai rubinetti non scende più acqua.

È l’atto estremo di una percentuale di insoluto che seppur contenuta non fa mancare i suoi effetti nelle famiglie meno abbienti che stentano ad arrivare a fine mese. Il dato è in leggero aumento perché se nel 2013 la percentuale delle bollette non pagate alla scadenza si fermava al 25 per cento, lo scorso anno si attestava al 26,5 per cento. E così anche l’interruzione del servizio è passata da 1.082 a 1.200 unità. Al momento non emerge alcuna inversioni di tendenza.

Premesso che il Cafc prima di arrivare all’atto estremo tiene conto delle realtà familiari e sollecita più volte il pagamento, il presidente, Eddi Gomboso, ricorda che parte dell’aumento del mancato incasso è la conseguenza del passaggio delle 63 mila utenze dall’Amga al Cafc.

Nel giro di un anno, infatti, il numero delle residenze servite dal Cafc è passato da 180 a 244 mila unità. Lo stesso vale per negozi e attività produttive lievitate da 14.886 a 18 mila unità. Inevitabile l’incremento del fatturato da 40 a 49,6 milioni di euro l’anno.

E se qualche disguido nei pagamenti è stato favorito dal passaggio del ramo acqua da un’azienda all’altra, il fenomeno degli insoluti resta. «Lo scorso anno abbiamo riscontrato un aumento delle bollette non pagate alla scadenza passate da 25 al 26,5 per cento del fatturato - conferma Gomboso - anche se il 15 per cento è stato recuperato entro 60 giorni dalla scadenza naturale».

Le attività di recupero crediti vengono attivate, infatti, per circa il 10 per cento delle bollette insolute. Ma alle volte, nonostante i solleciti inviati anche dai legali dell’azienda, le risposte non arrivano. E allora scatta la linea dura con la piombatura del contatore.

«Nel 2013 - riferisce il presidente - abbiamo effettuato 1.082 piombature, lo scorso anno 1.200». Si tratta di azioni estreme che anche il Cafc fa a malincuore. «Prima di agire - aggiunge ancora Gomboso - ci confrontiamo con le assistenti sociali dei singoli Comuni. Se in un appartamento vivono anziani, minori o disoccupati anziché piombare l’utenza installiamo i riduttori di pressioni per garantire il minimo vitale».

Questo per quanto riguarda le abitazioni perché nelle 1.200 piombature effettuate lo scorso anno più di qualcuna si riferiva ad aziende fallite che per ovvi motivi non avevano pagato le bollette. «Non possiamo fare altrimenti» insiste il presidente ricordando che in altre regioni d’Italia va molto peggio. Da un lato la crisi economica continua ad attanagliare le famiglie, dall’altro i gestori devono far tornare i conti. Impresa non sempre facile basti pensare che il 30 per cento chiude in rosso.

«Noi non siamo tra questi - evidenzia Gomboso - ma per investire tutti gli utili, dal 2009, non distribuiamo dividendi». La prima a riconoscere il problema degli insoluti è l’Authority per il sistema idrico autorizzando i gestori friulani a prevedere nella tariffa l’1,5 per cento (la percentuale varia a seconda delle regioni) del fatturato per coprire le perdite da insoluti. Questo significa, chiosa il presidente, che «il 90 per cento degli utenti che saldano le bollette regolarmente pagano una quota che dovrebbe essere pagata da altri».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:acquabollette

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto