Bullismo online, il 42% degli studenti non denuncia per paura di ritorsioni

Studio dell’associazione Mec su 2.150 studenti delle medie del Friuli Venezia Giulia. Quasi la metà del campione assiste alle violenze ma non ne fa parola temendo di diventare a sua volta un bersaglio

Osservano angherie e soprusi nei confronti dei compagni, guardano video diffusi online sui coetanei presi in giro, ma preferiscono non intromettersi. Spettatori silenziosi di aggressioni (e reati) che non vogliono denunciare: questo l’identikit del 42 per cento degli alunni iscritti alle scuole medie secondo un’indagine svolta dall’Associazione Mec (Media educazione comunità) di Aviano nell’anno scolastico 2016-2017 su un campione di 2.150 studenti del Fvg.

Giovani che temono di finire nel mirino dei bulli e cyberbulli se si impicciano o che ritengono di non doversi occupare dei fatti altrui.

Un fenomeno che impone una riflessione sui giovanissimi, non dimenticando che quasi l’80% degli studenti delle medie (in terza si arriva al 90%) è in possesso di un cellulare smartphone personale. Uno strumento che permette di stare in contatto con gli amici, ma che se usato scorrettamente si può trasformare in un mezzo molto pericoloso capace di distruggere – mediaticamente e no – un ragazzino.

I dati, frutto dello studio “Generazione Smartphone 2016-2017” dell’associazione Mec sono stati illustrati nel corso del seminario “Cyberbullismo e altre sfide”, che si è tenuto nella scuola secondaria di primo grado Tiepolo (rientrante nel primo istituto comprensivo diretto da Mauro Cecotti) e ha richiamato oltre 150 persone tra genitori, educatori e insegnanti.

Promosso dalla Cooperativa Aracon, l’iniziativa rientra nell’ambito delle proposte migliorative per il servizio di doposcuola del Comune. «Questo seminario – ha sottolineato l’assessore allo Sport, all’educazione e agli stili di vita Raffaella Basana – costituisce un momento di formazione e condivisione con le famiglie su un tema di importanza fondamentale».

Giacomo Trevisan, esperto di sicurezza in rete e di prevenzione del cyberbullismo, nonchè coordinatore dell’Associazione Mec, ha centrato subito il cuore del problema. «La mancata denuncia degli atti di bullismo – chiarisce – rappresenta un fatto molto preoccupante perché, anche sulla base di ricerche europee, è proprio l’indifferenza o complicità degli osservatori a permettere lo sviluppo delle dinamiche di cyberbullismo.

Al contrario, proprio la loro responsabilizzazione può rappresentare lo strumento più efficace di prevenzione». Dati alla mano, il 42% degli studenti delle medie ha osservato nell’ultimo anno insulti, scherzi pesanti o prese in giro che hanno fatto stare male un loro amico, compagno di classe o di scuola.

Ma il 60% di questi non ha reagito, né denunciato (il 40% perché «non sono fatti miei» e il 20% per «paura di essere a mia volta preso di mira»).

In un panorama che sottolinea un incremento dell’utilizzo degli smartphone da parte dei giovanissimi: il 79% degli studenti delle medie ne ha uno personale, un dato salito dell’8% rispetto all’anno prima. In terza media si supera il 90 per cento. Il 68% degli studenti (oltre due su tre) può tenerlo in camera durante la notte, mentre il 70% gioca con videogame e di questi il 73% può accedere ai videogiochi (alcuni sconsigliati ai minori di 18 anni) senza ricevere vincoli da parte dei genitori. Il 32% dei ragazzi dice di ricevere mediamente più di 100 messaggi whatsapp in un pomeriggio, il 20% più di 200.

Gli esperti di Mec ritengono che sia indispensabile reagire ai soprusi e contrastare l’indifferenza diffusa davanti al cyberbullismo, stimolando i ragazzi all’intervento quando riconoscono situazioni di sofferenza on-line. «Fondamentale – commentano – è il dialogo costante con i figli su interessi, comportamenti e rischi della rete. Ma ha un ruolo importante anche l’alleanza tra genitori e tra questi e la scuola».

Indispensabile il coinvolgimento di mamme e papà, che devono tenere dritte le antenne e, soprattutto, stabilire poche, ma efficaci regole di tutela del minore (e questo vale in particolare per i minori di 14 anni). Quali? Innanzitutto i genitori devono sempre conoscere le password e monitorare periodicamente ciò che fanno i ragazzi online o i contenuti delle chat nei gruppi whatsapp, che sono una delle principali fonti di problemi relazionali tra studenti e di distrazione dallo studio. Ma non basta. I ragazzini non possono stare ore e ore davanti allo schermo.

L’utilizzo di smartphone e internet va limitato e assolutamente vietato la notte. Durante il sonno tutti i dispositivi devono restare spenti e fuori dalla camera. E le applicazioni o i giochi devono essere scelti e scaricati in accordo con i genitori.

«I ragazzi – sottolinea anche la criminologa e psicologa Angelica Giancola – non vogliono essere isolati e ricercano l’appartenenza a un gruppo. Spesso mettono “mi piace” a un video violento perché hanno paura, qualora non lo facessero, di far arrabbiare il bullo di turno e di essere a loro volta presi di mira. È importante costruire un dialogo con i figli».

A novembre è in programma il secondo seminario aperto a genitori, insegnanti ed educatori del servizio di doposcuola: si parlerà di compiti con Gianluca Daffi.

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