Dal bunker i ricordi sulla guerra FOTO
UDINE. La recente riapertura del bunker antiaereo di via del Sale, nei giardini del Torso, ha risvegliato tutta una serie di ricordi udinesi, rimasti sopiti per oltre mezzo secolo. E oggi, a raccontare quel conflitto, visto con gli occhi dei bambini, sono gli stessi protagonisti di allora: «Una guerra combattuta da adulti che agiscono in modo incomprensibile, fatta di tensioni, fughe e paura».
Ogni battaglia ha il suo suono. «La seconda guerra mondiale è rimasta impressa in tutta la popolazione europea per le sirene di allarme e il sibilo delle bombe», dice Roberta Corbellini, direttrice dell’Archivio di Stato di Udine. Così è anche per Sergio Rigo: classe 1936. Ha appena 8 anni quando nel 1944 cadono le prime bombe sulla città.
«Nella mia mente i ricordi dell’inizio della guerra ruotano attorno alla scuola elementare di Sant’Osvaldo – racconta –. Un bellissimo edificio con una maestra buonissima e, fuori dall’aula, un giardino circondato da fantastiche ringhiere di ferro battuto. E proprio quel ferro segna l’inizio della fine. Perché con il passare dei giorni le ringhiere scompaiono: alla nazione serve metallo pesante per le armi. Così la scuola inizia a trasformarsi e, nell’autunno del ’44, dovrà chiudere i battenti».
Ecco che la scuola (diventata il rifugio delle truppe tedesche) nei ricordi di Rigo è immediatamente sostituita dalla strada. Scorrazza fra la polvere, quando vede un morto, ed è la prima volta. «Era steso su un tavolo, nella penombra, – ricorda sempre Sergio Rigo –. Si trattava di un partigiano catturato dai tedeschi, ma non so di più. Così come non so da dove era arrivato e che fine abbia fatto il soldato italiano che un giorno ho visto piangere disperato tra i cespugli con ancora addosso la divisa».
«La sopraffazione sulle persone, mossa da ragioni che sembrano eccedere le colpe e le umane debolezze, è una esperienza che durante un conflitto si manifesta in tante forme», dice la dottoressa Corbellini. E infatti Rigo rammenta molti episodi di violenza gratuita: «Ho assistito all’inseguimento di un uomo di mezza età, afferrato da un soldato tedesco più giovane di lui per schiaffeggiarlo. Ma anche un gruppo di partigiani che, trascinate tre ragazze fuori dalla scuola dopo un interrogatorio durato ore, le rasarono a zero. La loro colpa? Avere fraternizzato con soldati tedeschi. Così si erano compromesse. Ricordo le urla strazianti di una giovane, che proclamava disperata la propria innocenza».
La paura vera arriva per la prima volta alle 12.34 del 3 agosto 1944. Rigo non può dimenticare quel momento, perché stringe la mano della madre mentre guarda il fratello steso in un letto d’ospedale a causa delle ferite. «Proprio mentre eravamo nel reparto, su Udine cade una pioggia di bombe – spiega Rigo –. Una incursione devastante che fa correre tutti nel rifugio pubblico più vicino. Lì, ammassati erano ammalati e popolazione. Ancora oggi mi interrogo su quella fuga e sulla separazione da un fratello lasciato nel suo letto a rischiare la vita da solo».
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