Danni da esondazione risarcimento dopo 14 anni
TAVAGNACCO. Della potenza del rio Tresemane, un rigagnolo capace in pochi minuti di trasformarsi in un’incontrollabile slavina d’acqua, erano arrivati a parlare anche le tv e i giornali nazionali. Perchè quel che le sue esondazioni causarono, tra il giugno del 1997 e il settembre del ’98, ebbe dell’incredibile: allagamenti a ripetizione e danni ad abitazioni e capannoni per decine e decine di migliaia di euro. Un’atentica emergenza - fu la stessa Regione a predisporre un piano ad hoc -, di fronte alla quale, però, in pochi decisero di reagire.
Ora, a quasi 14 anni dalla prima istanza, la giustizia ha suonato la prima campanella. Nelle settimane scorse, la Corte d’appello di Venezia, in qualità di Tribunale regionale delle acque pubbliche, ha depositato le motivazioni della sentenza con la quale ha condannato la Regione Friuli Venezia Giulia a risarcire la “Pozzo spa” per i danni subìti dalle continue tracimazioni del Tresemane: quantificata in 139.884,98 euro la somma dovuta all’azienda e calcolati anche gli interessi e la rivalutazione, i giudici hanno chiuso la vertenza su un ammontare complessivo di circa 250 mila euro, oltre all’integrale rifusione delle spese di lite.
Nel ricorso, la Pozzo, proprietaria a Tavagnacco di un fabbricato industriale adiacente al letto del rio, aveva ricondotto la causa delle inondazioni ai lavori di tombinatura eseguiti nel 1972 e alla successiva mancata manutenzione degli stessi. Da qui, i tanti allagamenti che, anno dopo anno, avevano finito per danneggiare non soltanto l’immobile, ma anche i materiali, i macchinari e gli arredi in essi contenuti. E, da qui, la richiesta di ristoro.
«La Corte, rilevato come l’allagamento non avesse carattere eccezionale e non potesse quindi operare nel caso di specie l’esimente del “caso fortuito” - spiega l’avvocato Giuseppe Campeis, cui la Pozzo si era rivolta -, ha accolto le pretese della società, osservando come la Regione abbia violato i precetti normativi in materia». A cominciare dalla legge regionale n.38/95, che imponeva alla Regione Fvg di adottare piani per la sistemazione dei bacini idrografici, tenendo conto delle indicazioni del piano urbanistico regionale. Per continuare con la legge dello Stato n.183/89, che dispone che le Regioni provvedano all’elaborazione, l’adozione, l’approvazione e l’attuazione dei piani di bacino idrografici di rilievo regionale.
«Si è dunque ritenuto sussistere la responsabilità della Regione - continua il legale - cui spetta, come si legge in motivazione “il compito di individuare e quantificare le situazioni in atto e potenziali di degrado del sistema fisico nonché delle relative cause”, perchè, pur non avendo ancora programmato ed effettuato gli interventi sul sistema idrico atti a supportare le conseguenze dell’inurbamento, ha approvato senza riserve gli strumenti urbanistici che prevedevano le nuove costruzioni».
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