Dopo 70 anni Porzûs divide ancora
UDINE. Non è bastato che quel 29 maggio del 2012 l’allora presidente Napolitano fosse stato chiaro nel pretendere la fine della diaspora, spingendosi oltre e non temendo di puntare il dito accusatorio contro il suo ex Pci sponsor dei gappisti che trucidarono i “cugini” della Osoppo. La politica aveva sottoscritto quel messaggio. Ma i dubbi erano rimasti. E anche i timori che il the day after della visita del Capo dello Stato potesse ripartire dai rancori, dalle diffidenze. Dalle divisioni. E talvolta dall'odio.
Così il balletto di chi avrebbe dovuto fare il primo passo per emulare lo storico abbraccio di undici anni fa tra l’osovano don Redento Bello e il garibaldino “Vanni” (incontro peraltro non sostenuti in modo convincente dall'Anpi e dall'Apo), si è rimesso in moto in un gioco dello scaricabarile ormai calcificato. Triste. Si è rimesso in gioco ieri mattina davanti al cimitero San Vito di Udine, dove si è svolta la commemorazione delle’esecuzione di 23 partigiani garibaldini e osovani.
Ragioni di opportunità, secono l’Anpi di Udine e Pordenone, avrebbe dovuto evitare la simultanerità tra le due cerimonie, che ha invece costretto a “dividersi” la presenza. La polemica è stata percepibile nelle parole del presidente provinciale dell'Anpi, Dino Spanghero: «Quella che si commemora a Porzus non è Resistenza - ha detto ieri a margine della celebrazione di Udine - è un fatto esecrabile e gravissimo, su cui è doveroso mantenere la memoria, ma la Resistenza è altra cosa, è stata un movimento del popolo, con 2.500 morti, è stata la base della nostra democrazia. Noi da settant'anni ricordiamo il sacrificio dei 23 partigiani trucidati davanti al cimitero». Scegliere la stessa domenica per ricordare i sanguinosi avvenimenti del febbraio 1945 «svilisce il significato, differente, delle due cerimonie - gli ha fatto eco il presidente di Pordenone, Giuseppe Mariuz - ci rammarichiamo del fatto che a ricordare con noi i 23 partigiani uccisi dai nazifascisti non ci siano anche le autorità regionali e nazionali schierate invece a Porzus».
Una tragedia, quella consumatasi tra le maghe sopra Faedis, che «non deve inficiare il valore unitario della Resistenza - ha affermato ancora Mariuz - che nella nostra regione registrò una lotta lunghissima contro la barbarie nazifascista, tanto che le città di Udine e Pordenone hanno ricevuto la medaglia d'oro al valor militare».
Ci ha pensato il sindaco di Udine, Furio Honsell, a stemperare gli animi: «È vero, Porzus si poteva forse fare di sabato, visto che ogni anno la commemorazione al cimitero viene svolta la domenica precedente l'anniversario, ma comunque il Comune di Udine è stato presente a entrambe».
Il vice presidente dell’Apo, Roberto Volpetti, incassa, ma evita volutamente di gettare altra benzina sul fuoco.
E si limita ad affermare che« Resistenza sono quelli incarcerati, quelli trucidati a Porzus e i partigiani, sia rossi che osovani, trucidati a Udine. Noi oggi eravamo presenti a Udine con una nostra rappresentanza e un nostro labaro. No, non ho voglia di innescare altre polemiche». Volpetti non replica neppure alla domanda sul perché ieri l’Anpi abbia disertato la cerimonia di Porzus. E in sua difesa c’era stato anche un passaggio del presidente del consilgio regionale, Franco Iacop, Iintervenuto invece alla cerimonia di Porzus .
«Dopo tanti anni la verità sull’eccidio delle malghe di Porzus è acclarata - ha dettomato - è consegnata alla storia come uno degli errori più tragici della lotta di liberazione». Degli osovani e dei garibaldini.
(ha collaborato Lodovica Bulian)
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto