Hypo Group: dalla Ue ok al risanamento, ma va chiuso il ramo italiano
UDINE. Da Bruxelles giungono due notizie su Hypo Group, una buona per l’Austria e una brutta per l’Italia. Quella buona è che la Commissione europea ha accettato in toto il piano di risanamento presentato a fine giugno dal governo austriaco, accogliendo persino la richiesta – il che non era affatto scontato – di allungare fino a tutto il 2015 i tempi per la riprivatizzazione delle banche controllate nei Balcani.
La notizia brutta riguarda Hypo Bank Italia. La holding austriaca dovrà liberarsene entro l’anno. Un modo eccellente per farlo sarebbe quello di trovare un acquirente. Ma siccome finora nessuno s’è fatto avanti e anche le voci sull’esistenza di due potenziali compratori, trapelate qualche settimana fa, sono state smentite dalla dirigenza, non resta che l’ipotesi numero due: la chiusura.
Il documento approvato dall’Ue usa l’espressione “das Neugeschäft einstellen”, che significa “non avviare nuove operazioni”.
Come vada intesa non è completamente chiaro, ma l’interpretazione più probabile è che Hypo Italia non dovrà più far nulla di nuovo (acquisire clienti, aprire conti correnti, libretti di risparmio, concedere mutui eccetera) e limitarsi soltanto a gestire l’esistente, fino all’estinzione di tutti i rapporti.
È questo uno dei prezzi pagati dall’Austria per ottenere da Bruxelles la dilazione di due anni nella collocazione delle controllate balcaniche. L’altro prezzo è la svendita di Hypo Austria, ceduta per metà del suo valore a un gruppo finanziario indiano.
Le ragioni per cui il governo austriaco ha preferito sacrificare Hypo Austria e Hypo Italia sono abbastanza intuibili. Le banche controllate nel Sud-Est dell’Europa (250 filiali in Croazia, Slovenia, Bosnia, Serbia e Montenegro) sono quelle che stanno dando i migliori rendimenti.
E, di conseguenza, sono quelle per le quali si confida di trovare più facilmente dei compratori. La risposta di Bruxelles a Vienna sul piano di risanamento di Hypo Group non è ancora ufficiale, ma i suoi contenuti sono stati anticipati ieri dal quotidiano Die Presse.
Nel servizio si fa anche riferimento all’esigenza di ricapitalizzazione die Hypo Group, di cui abbiamo già riferito domenica e che fino al 2017 potrebbe superare i 5,4 miliardi di euro.
L’Ue sembrerebbe disposta a chiudere un occhio su questi nuovo finanziamento pubblico, la cui esatta dimensione è difficilmente prevedibile, dipendendo tra l’altro dal contenzioso in corso con la Bayern Lb, azionista di maggioranza di Hypo Group prima della nazionalizzazione.
Un aspetto curioso della risposta dell’Ue a Vienna è che essa non si limita a prendere in esame il piano di risanamento avanzato dal governo austriaco, ma aggiunge anche valutazioni pesantemente critiche sulle ragioni che hanno portato al dissesto della holding carinziana.
La principale è stata individuata nella strategia di espansione a dir poco avventurosa del gruppo, che aveva portato a una crescita del volume di bilancio dei 9,8 miliardi del 2002 ai 43,3 del 2008, trascurando di prendere in considerazione i rischi connessi.
Ciò era stato possibile grazie al basso costo del denaro e alle garanzie pubbliche di cui aveva goduto il gruppo. Il documento della Commissione non lo dice esplicitamente, ma il dito è chiaramente puntato nei confronti del “sistema Haider”, che aveva elevato la garanzia del Land nei confronti della banca dai 4,9 miliardi del 2002 ai 20,7 miliardi del 2009.
Una scelta folle, considerando che il Land già di suo era indebitato per 2,6 miliardi e mai avrebbe potuto onorare un simile impegno. Tant’è vero che quando Hypo Group stava per fallire dovette intervenire lo Stato.
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