Il caso della fossa comune, i partigiani aprono gli archivi: "Niente da nascondere"

Da lunedì sono on line 1.800 foto che raccontano la storia dell’Anpi. Il presidente Spanghero: noi trasparenti, basta gettare fango

UDINE. «Noi non siamo assolutamente coinvolti, diffidiamo da chiunque nasconda qualcosa. Dal 1945 in poi, anno in cui è nata l’Associazione partigiani, il nostro archivio è sempre stato visitabile da tutti senza obiezioni: non c’è nulla di segreto e di top secret». Con queste parole il presidente dell’Anpi Udine, Dino Spanghero, ha commentato la vicenda della fossa comune di Rosazzo, difendendo l’associazione dalle accuse di occultamento d’importanti verità.

Lo ha fatto ieri, a margine della presentazione al pubblico dell’archivio fotografico, già online sul sito dell’associazione, che raccoglie circa 1800 immagini riguardanti il periodo compreso tra il 1920 e 1980 circa del secolo scorso.

«Non permetteremo che si getti ancora fango sui partigiani - ha proseguito poi il presidente -: se c’è qualcosa di preciso, provato da documenti, ce lo dicano e saremo pronti ad assumerci le nostre responsabilità». E senza negare la presenza di zone d’ombra («ci sono sempre state, ne abbiamo avute anche noi»), Spanghero riconosce che è comunque fondamentale fare chiarezza: «È un compito della storia ma anche nostro, come associazione».

Detto ciò, il presidente ribadisce con forza che è comunque in atto «una campagna fuorviante che ci amareggia, fondata non su fonti storiche ma su troppi “pare” e “si dice”», aggiungendo che l’intero archivio dell’Anpi è stato messo a disposizione dei carabinieri impegnati nelle indagini.

«Ho personalmente chiamato le forze dell’ordine per rendere loro fruibili tutti i nostri materiali senza alcuna specifica richiesta pervenuta - precisa Spanghero -. Ripeto che non c’è niente da nascondere e, in un momento in cui siamo accusati di farlo, mostriamo da più parti ciò che contengono i nostri archivi, a disposizione di tutti quanti».

Ed eccole lì, 1.800 immagini finalmente raccolte sul sito e consultabili da tutti. Un lavoro, come hanno spiegato ieri, iniziato qualche anno fa dall’allora presidente dell’Anpi, Federico Vincenti, bibliotecario, che si era preso la briga di dare il via alla sistemazione e al riordino degli scatti raffiguranti i partigiani.

«L’archivio fotografico se ne stava piano piano andando e per fermare le immagini nel tempo e renderle usufruibili abbiamo pensato d’informatizzarle - ha spiegato il presidente dell’Anpi -. Un lavoro portato avanti con determinazione e difficoltà, ma alla fine siamo riusciti a mantenere la promessa».

A curare il riordino informatico, il catalogatore Stefano Perulli, che ha illustrato le diverse fasi dell’operazione, per la quale sono stati spesi circa 30 mila euro.

«Si è trattato di un lavoro lungo e complesso che ha richiesto più tempo del previsto - ha sottolineato Perulli -. È partito da una scatola di cartone che conteneva moltissime foto sparse e un raccoglitore ad anelli dove gli scatti erano già accompagnati dalle didascalie».

In realtà l’Anpi aveva sempre utilizzato questa parte dell’archivio, che rappresenta quella più comoda ma anche, è stato detto, quella meno interessante dal punto di vista fotografico. «Sono tutte riproduzioni che risalgano a 30 anni fa, comunque storiche, ma sempre delle copie. Le altre, invece, - illustra il catalogatore - sono tutte in positivo, relative agli anni della guerra e al precedente periodo fascista, che vanno fino agli anni Ottanta e Novanta del 1900».

Per rendere maggiormente accessibile l’archivio, la ricerca si può effettuare attraverso tre modalità, dalla più semplice alla più dettagliata, sono presenti alcuni percorsi guidati e il sito, snello e veloce, dà la possibilità d’inviare anche alcune cartoline digitali.

Ma la pagina del sito riserva anche una chicca: 152 foto realizzate da Bruna Sibille Sizia, archiviate in una sezione dedicata. Immagini che riportano lapidi, sepolture e monumenti ai partigiani, «un lavoro non professionale - ha concluso Perulli - ma sicuramente importante dal punto di vista storico».

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