«La libertà è diventata un colabrodo, per i voti ai cede a qualsiasi cosa»
FAEDIS. «La libertà è diventata un colabrodo». Domenica, 5 febbraio, Paola Del Din, dall’alto dei suoi 93 anni, nella chiesa di Canebola, dove era appena stato commemorato l’eccidio di Porzûs, lo ha detto e ribadito con convinzione e con un po’ di amarezza perché lei, partigiana medaglia d’oro al valor militare, vede svanire i valori per i quali, assieme a molti giovani di allora, ha lottato per darci un mondo migliore.
Non le sembra un po’ eccessivo dire che la libertà è diventata un colabrodo?
«No è un colabrodo, passa tutto. La libertà è qualcosa che va osservata con poche e precise leggi. Perché se no posso dire: “Perché devo andare a prendere il treno, perché il treno non viene a casa mia a prendermi?”».
Il suo è un messaggio indirizzato ai politici?
«È troppo comodo, per avere voti si cede a qualsiasi cosa e questo è sbagliato. E poi quando un partito diventa troppo robusto non va bene. Non ragioniamo più su quello che deve essere fatto e che andrebbe fatto. Dobbiamo renderci conto che senza democrazia non ci può essere libertà e viceversa».
Serve un esame di coscienza?
«Dovremmo chiederci: “Siamo all’altezza della libertà che ci è stata regalata?”. La libertà non deve essere sciupata. Dobbiamo tenerlo sempre presente come abbiamo fatto con le recenti votazioni».
Si riferisce al referendum costituzionale? Con quel voto gli italiani hanno difeso la libertà?
«Certamente, perché si permettono di sovvertire la Costituzione? Chi dice che quello che vogliono fare loro poi funziona? Lo vogliono fare con la stessa gente e gli stessi metodi che secondo loro non funzionano bene, ed è vero, perché c’è troppa larghezza di manica. Accade anche nelle scuole».
Cosa c’è che non va nelle scuole?
«Una delle cose peggiori è stato il sei garantito. Non si deve fare, bisogna spronare i ragazzi al senso di responsabilità. Bisogna dire: “Hai fatto fiasco? Studia e impari. Ne ho fatti di fiaschi in vita mia, ma mi guardavo bene dal lamentarmi».
Come erano i giovani che lottavano per la libertà?
«Eravamo pieni di fede, speranza e volontà di salvare la nostra Patria».
Che effetto le ha fatto vedere gli amici dell’Anpi commemorare l’eccidio di Porzûs?
«Non è stato un passo facile, ma è stata una cosa che dovevamo agli ex presidenti della Repubblica, Francesco Cossiga e a Giorgio Napolitano. Sono stati loro a riconoscere che siamo stati offesi nel nostro desiderio di libertà».
Come chiudiamo questa intervista?
«Dicendo che ho il dovere di dire quello che penso. Viva la libertà e soprattutto viva l’Italia».
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