M5s e Pd: chiudere il Cie di Gradisca

I consiglieri regionali DalZovo e Codega: non si è fatto nulla per risolvere la situazione, il Centro di identificazione ed espulsione così come oggi è gestito, va chiuso
Bumbaca Gorizia 01.06.2013 Gradisca manifestazione contro CIE Fotografia di Pierluigi Bumbaca
Bumbaca Gorizia 01.06.2013 Gradisca manifestazione contro CIE Fotografia di Pierluigi Bumbaca

GRADISCA. «Era prevedibile che il Cie di Gradisca diventasse per l’ennesima volta teatro di episodi di violenza e di disperazione. Fino a oggi non si è fatto nulla per risolvere la situazione».

Così la consigliera regionale del Movimento 5 Stelle Ilaria Dal Zovo. «È evidente che le situazioni che si vengono a creare nei centri di identificazione sono solo la punta dell’iceberg di un problema, quello dell’immigrazione, che bisognerebbe affrontare e risolvere una volta per tutte, non limitandosi ai semplici proclami - prosegue la nota -. È necessario implementare la convenzione di Dublino, renderla pienamente efficace ed evitare, con il supporto della diplomazia europea, che l’Italia resti ostaggio di alcuni Paesi nordafricani, che utilizzano i disperati in partenza da quelle coste come merce di scambio».

Ed in merito al decreto che istituisce a Gradisca d’Isonzo un Centro di accoglienza (Cda) Dal Zovo paventa il rischio che «in regione arrivino almeno 500 immigrati al mese, destinati ad aumentare a dismisura il numero dei clandestini presenti in Friuli Venezia Giulia. È una situazione insostenibile».

«Lo avevamo già detto all’indomani della visita di qualche settimana fa: il Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Gradisca, almeno così come oggi è gestito, va chiuso» rincara Franco Codega, consigliere regionale del Pd, che così prosegue: «Le condizioni di vita delle persone ivi trattenute sono inaccettabili.

Sono molto più restrittive di quanto previste dalle direttive europee in proposito e sono spesso al limite del rispetto dei diritti umani fondamentali: ci sono difficoltà di comunicare all’esterno, privazione di uno spazio mensa, somministrazione di psicofarmaci, mancanza di qualunque libro o giornale cartaceo, stazionamento in recinti-gabbia», «già denunciavamo il rischio di ribellione a una tale situazione di repressione ingiustificata. È già avvenuto in passato ed è avvenuto anche in questi giorni. La situazione del giovane marocchino in condizioni gravissime all’ospedale di Cattinara è l’emblema di una situazione che non si è voluto o non si è saputo governare. Tutto questo è intollerabile».

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