«Quest’Italia sta tradendo la Resistenza» FOTO
UDINE. Sono passati 68 anni, ma il ricordo è ancora vivo. Così come le ultime parole che gli disse il suo compagno “Tribuno”: «Se tu esci da quella porta sei salvo». La porta era quella di uno stanzone umido del carcere di via Spalato dove 29 partigiani e osovani attendevano, dopo un processo farsa, la condanna. Era l’aprile del 1945. Non se lo dimentica il presidente dell’Apo, Cesare Marzona, che dal quel massacro riuscì a sopravvivere. La commozione ancora prende il sopravvento.
E i pensieri corrono là, a quelle pareti ammuffite, alle battaglie che prima aveva combattuto a fianco agli altri. Si salvò, ma il mondo che ora lo circonda non riesce a capirlo. «Un mondo - dice - che sembra aver disprezzato e tradire l’eredità lasciata dalla Resistenza, anteponendo il proprio benessere a quello del popolo». C’è un pensiero però che gli consente di vivere da uomo libero: il ricordo costante «dei compagni caduti e del loro sacrificio».
Il ricordo di Marzona ieri si è unito a quello di una città. Udine ha vissuto il giorno della commemorazione di quei partigiani, fucilati dalle squadre naziste di Hitler, durante la cerimonia organizzata dall’Anpi. Gli sguardi dei familiari dei caduti, dei rappresentanti dei partigiani e degli amministratori erano rivolti alla lapide che li ricorda all’esterno del carcere. Lo sguardo, dal passato e dalla barbarie che spezzò per sempre la vita «di quegli eroi», si è rivolto al presente.
Lo ha fatto Elvio Ruffino, vicepresidente dell’Anpi provinciale di Udine, e lo ha fatto il sindaco Furio Honsell. «I 29 partigiani furono attori e non spettatori – ha detto il primo cittadino, a cui l’Anpi udinese ha assicurato appoggio nelle elezioni comunali – perché per loro l’indifferenza era già complicità. L’indifferenza, per esempio, con cui al giorno d’oggi si accettano le misure sulla scuola con le quali si tagliano le ore di lezione facendo pagare ai giovani il debito in Italia gravando proprio sull’educazione che è il fondamento della democrazia».
Quella democrazia oggi a rischio. «Uno di loro, Mario Modotti, – ha continuato Honsell – si occupò di sindacato e di partito, che oggi sono disprezzati mentre sono i primi a garantire l’uguaglianza. La democrazia è a rischio quando si demonizzano questi organi intermedi e ci si rifiuta di assumersi responsabilità». Così come quando c’è il propagarsi «di movimenti antipolitici di chi rifiuta il dialogo come metodo e di chi infiamma la folla con la maschera del clown».
«Oggi - ha aggiunto Honsell - abbiamo una disparità economica, di genere e generazionale, e corriamo il pericolo della demagogia. Celebriamo invece i valori civili della politica intesa come servizio, nella quale non si entra e si esce, ma dove ci si impegna e i cittadini sono il fine e non il mezzo per ottenere potere». Per Honsell dunque «ci vuole rispetto per il sindacato, il partito e il Parlamento per restituirci la struttura democratica che è garanzia di libertà».
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