Superbonus 110, sono davvero finiti i fondi? Gli scenari e cosa succederà da metà luglio

L’allarme lanciato sull’esaurimento e il superamento del plafond disponibile: in realtà l’Enea dice che i 33,7 miliardi sono fondi prenotati, quelli utilizzati sono molti meno. Presentati diversi emendamenti: lo sblocco dei crediti a metà luglio, ma cambiano i prezzi

Giampiero Maggio
Builders from Pierluigi Fusco's firm work at a construction site of energy-saving building, making apartments more energy-efficient under government "superbonus" incentives, in Caserta, southern Italy, June 21, 2022. Picture taken June 21, 2022. REUTERS/Remo Casilli
Builders from Pierluigi Fusco's firm work at a construction site of energy-saving building, making apartments more energy-efficient under government "superbonus" incentives, in Caserta, southern Italy, June 21, 2022. Picture taken June 21, 2022. REUTERS/Remo Casilli

Ma i fondi relativi al superbonus 110% sono realmente finiti? È necessario, sul punto, fare un po’ di chiarezza. Perché se da un lato – come riportato sul sito dell’Enea – il plafond originario di 33,3 miliardi di euro è già stato superato di 400 milioni, dall’altro bisogna sottolineare che i 33,7 miliardi che vengono citati sono fondi prenotati e non utilizzati. Quelli utilizzati – sempre stando al sito dell’Enea –sono all’incirca 23 miliardi. Ci sono ancora, dunque, all’incirca 10 miliardi a disposizione. E allora, è sufficiente questo per dire che il Superbonus 110% è uno strumento destinato a finire? Sì e no. E vediamo perché.
Il premier Mario Draghi non ha mai nascosto la sua avversione rispetto questo tipo di strumento, ma è evidente – come dimostrano i dati diramati dallo stesso governo – come il Superbonus abbia contribuito in maniera sostanziale alla ripresa economica del Paese. L’Unione europea delle cooperative (Uecoop) segnala una ripresa dell'occupazione nel settore delle costruzioni che sfiorano 1 milione e mezzo di addetti, un livello che non si vedeva da quasi dieci anni: «effetto dei vari bonus e superbonus» rileva l’ente Le ore lavorate aumentano a un ritmo superiore al prodotto interno lordo: dell'1,5% nel trimestre e del 6,7% nell'anno a fronte di una crescita del Pil rispettivamente dello 0,1% e del 6,2%. Dati, evidentemente, che non si possono ignorare. Come non si può ignorare l’allarme lanciato dal Cna che, con lo stop a cessione dei crediti, ora lamenta il rischio chiusura per 33 mila aziende. Non solo: ci sono imprese che hanno investito denaro anticipandolo al posto dei committenti con lo strumento dello sconto in fattura e clienti finali che sin sono indebitati sperando in una linea ponte delle banche con la speranza di cedere il crediti.
 

Le soluzioni sul campo
Da più parti è scattato l’allarme, soprattutto per i tantissimi cantieri che rischiano di restare a metà. Il M5S, Movimento che ha voluto lo strumento del Superbonus, ha già presentato un pacchetto di emendamenti sul Dl Aiuti, idem hanno fatto anche altri partiti. «I nostri emendamenti al decreto Aiuti vanno proprio nella direzione di sbloccare la stretta creditizia che si è determinata dopo gli improvvidi interventi voluti dal ministro Daniele Franco e dal presidente Mario Draghi» dicono deputate e i deputati del Movimento 5 Stelle Angela Masi, Patrizia Terzoni, Antonio Federico, Riccardo Fraccaro e Luca Sut. La proposta? «Prevede che i crediti si possano cedere integralmente o parzialmente e che i crediti per le spese sostenute nel 2021 non fruiti entro l'anno si possano utilizzare anche negli anni successivi. Dal 2022 al 2026 i soggetti bancari e assicurativi possono poi fruire di una ulteriore possibilità di cessione per sottoscrivere emissioni di Buoni del Tesoro Poliennali con scadenza non inferiore a 5 anni. Intendiamo poi estendere la possibilità di cedere i crediti alle Pmi che sono clienti degli istituti di credito». La soluzioni potrebbe arrivare se con la conversione in legge del Dl, a luglio, si arriverà alla proroga della durata dei crediti.

L’allarme delle banche e come cambieranno cessione dei crediti e sconto in fattura

Da molti istituti di crediti è arrivata la notizia dell’ennesimo blocco della cessione dei crediti. Che succederà adesso? Partendo dal presupposto che chi ha contratti in essere stipulati con le banche non deve temere nulla, così come lo sforamento del plafond non deve costituire un ostacolo perché il credito che arriva nei cassetti fiscali è esigibile a tutti gli effetti, la situazione è questa: dall’inizio del 2022 il governo ha creato una serie di ostacoli al Superbonbus (il sostegni ter con una sola cessione stava bloccando tutto) e le successive modifiche un mezzo flop. Risultato: molti cantieri bloccati, come ormai è noto, e case abbandonate in fase di cantiere e famiglie in difficoltà per prestiti ponte promessi e mai ottenuti. In pratica le imprese potranno mantenere il diritto al credito anche oltre l’anno fiscale. Ora, con la conversione in legge del Dl Aiuti, secondo molti esperti, intorno a metà luglio si rimetterà in moto il mercato dei crediti. Solo che questa volta per il cliente finale è probabile che il prezzo da pagare sarà più salato: se prima le banche offrivano da 102 a 105 per ogni 110 euro di crediti fiscali. Adesso è probabile che non sarà più così: Intesa San Paolo oggi ti promette 102 euro ogni 110 euro ceduti fino al 30 giugno ma, per ora, ha bloccato i pagamenti. Cosa accadrà dopo? Dall’1 luglio riconoscerà 99 euro ogni 110 euro di crediti ceduti con un guadagno del 3%. Dal 15 luglio, poi, le banche potranno cedere i crediti ai loro clienti professionali e il mercato si riaprirà. Sì, ma non più gratis.

La proroga per le unifamiliari
Il nodo sulle unifamiliari è poi un altro aspetto di questa vicenda. Il Dl Aiuti prevede una proroga del primo Sal al 30% dal 30 giugno al 30 settembre 2022. Con il Decreto Aiuti viene previsto che se al 30 settembre 2022 i contribuenti riescono a completare il 30% dell'intervento complessivo, allora possono portare in detrazione anche le spese sostenute fino al 31 dicembre 2022. «Resta una problematica: la precedente versione del comma 8-bis – scrive il portale Lavoripubblici.it – aveva un senso perché coordinava la data di scadenza del superbonus con quella del vincolo per raggiungere il 30%. Con l'attuale versione, data di scadenza del superbonus e data per raggiungere il 30% non coincidono. La conseguenza è semplice e riassumibile in una sola domanda: con la versione attuale dell'art. 119, comma 8-bis del Decreto Rilancio, cosa accade alle spese sostenute dopo il 30 giugno 2022 se un per un intervento di superbonus 110% su un edificio unifamiliare al 30 settembre 2022 non si riesce a raggiungere il 30% dell'intervento complessivo? La risposta è banale: il contribuente potrà portare in detrazione solo le spese sostenute fino al 30 giugno 2022 e su queste evidentemente non potrà avvalersi di sconto in fattura o cessione del credito visto che l'art. 121 del Decreto Rilancio prevede che cessione e sconto si possano applicare solo a SAL minimi del 30%». E la soluzione potrebbe, dunque, essere quella di fissare la scadenza per le unifamiliari direttamente al 31 dicembre 2022. Il rischio, altrimenti, sarebbe una pioggia di contenziosi in arrivo.

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