Tentato suicidio, il padre della ragazzina: «Siamo una famiglia distrutta»

La polizia indaga su due chat utilizzate dalla dodicenne. Intanto i genitori dei presunti bulli rischiano di essere accusati di mancato controllo sui cellulari dei figli e il ministro dell'Istruzione Giannini annuncia: «Il nostro personale sarà a Pordenone per supportare la scuola»

PORDENONE. «Siamo una famiglia distrutta e ferita da quanto accaduto»: lo ha riferito il padre della ragazzina che ieri mattina ha cercato di uccidersi lanciandosi dal secondo piano della palazzina dove abita, a Pordenone, denunciando di essere rimasta vittima di presunti atti di bullismo. «Non intendiamo rilasciare alcuna dichiarazione - ha aggiunto - perché abbiamo affidato la gestione del caso al nostro avvocato. Nostra figlia ha bisogno di serenità e non possiamo permetterci un assalto mediatico. Ha dodici anni e deve stare lontano dai riflettori».

Il padre ha rassicurato sulle condizioni di salute della ragazza: «Sta meglio e ci rende felici col proprio ritrovato sorriso. È sempre stata una bimba serena e lo possono testimoniare tutti, dagli amici ai vicini di casa. I medici stanno valutando il decorso dei vari traumi e decideranno se nei prossimi giorni dovrà essere operata per ricomporre la frattura dei talloni che ha rimediato nella caduta».

Due lettere e un’accusa dalla dodicenne vittima dei bulli

Nessun messaggio nei confronti dei presunti bulli e delle famiglie degli altri compagni di classe: «Ripeto - ha concluso -: sul piano legale se ne occupa l'avvocato, ma è chiaro che chiediamo giustizia e trasparenza». Infine, la considerazione di un padre che scopre solo quando è troppo tardi le inquietudini di una figlia adolescente: «Sembrerà incredibile - si è confidato -, ma i genitori sono sempre gli ultimi a sapere. Sebbene ci sia un rapporto continuo e confidenze giornaliere, esisteva un malessere che ci sfuggiva e che abbiamo appreso solo nella tragica mattina di ieri, che non potrò mai più scordare in vita mia».

LE INDAGINI

Intanto, le indagini della Polizia sui presunti episodi di bullismo di cui sarebbe rimasta vittima la ragazzina potrebbe allargarsi ai genitori dei compagni di classe e dei coetanei per il mancato controllo dei figli minori. Lo si apprende da fonti qualificate della Questura.

Seppur l'inchiesta sia nella fase preliminare - prima vanno raccolte le confidenze della vittima e setacciata la chat che i ragazzini usavano -, è emerso che le utenze utilizzate da alcuni dei ragazzini che avrebbero scritto frasi moleste sono intestate ai loro genitori, i quali pertanto non avrebbero esercitato il necessario controllo sugli strumenti di comunicazione messi a disposizione dei ragazzi. L'indagine è coordinata dalla Procura per i minori di Trieste.

GRUPPI CHAT SOTTO ATTENZIONE

Gli investigatori della Polizia stanno concentrando la loro attenzione sui contenuti di due gruppi di chat in particolare, rilevate dai devices utilizzati dalla dodicenne per comunicare con coetanei e compagni di classe. In nessuno di questi sarebbero state riscontrate minacce fisiche o elementi di pericolo; entrambi invece manifesterebbero giovanili prese in giro o frasi miranti a deridere, a prendere in giro.

Uno, più generico, conterrebbe, secondo quanto si è appreso, informazioni riguardo alla vita scolastica ma anche spunti di riflessione sul rapporto non sempre facile tra i componenti della medesima chat; il secondo, invece, sarebbe aperto a un più ristretto numero di persone e conterrebbe anche qualche affermazione più indelicata nei confronti di talune compagne di classe.

Gli inquirenti non hanno fornito maggiori indicazioni ma, si è appreso, avrebbero individuato alcuni ragazzini ai quali intenderebbero porre domande specifiche rispetto alle rispettive affermazioni nella messaggeria istantanea.

IL MINISTERO DELL'ISTRUZIONE GIANNINI: INVIAMO IL NOSTRO PERSONALE A SUPPORTO DELLA SCUOLA

«Il ministero dell'Istruzione si è già attivato per un supporto alla scuola. Nei prossimi giorni il nostro personale sarà a Pordenone per sostenere la comunità scolastica» frequentata dalla ragazzina. Lo ha detto il ministro dell'Istruzione, Stefania Giannini.

Parlando a margine del Viaggio della Memoria a Cracovia ed Auschwitz, il ministro ha sottolineato che «il grande lavoro che stiamo facendo come Ministero è sensibilizzare gli insegnanti» sul problema del bullismo. Poi per prevenire questi episodi «bisogna lavorare anche al di fuori della scuola». Ad esempio contro la violenza e il linguaggio dell'odio, secondo il ministro, «la famiglia deve educare e la scuola accompagnare».

A SCUOLA INCONTRO CON IL PRESIDE: SIAMO VICINI ALLA RAGAZZA

«Questa mattina ho incontrato nuovamente i ragazzi ma non abbiamo affrontato discorsi specifici legati all'indagine di polizia. Il nostro compito è adesso quello di stare vicino alla ragazzina e alla famiglia». Lo ha dichiarato  la preside della scuola media di Pordenone frequentata dalla ragazzina.

«Gli studenti - ha proseguito la dirigente - mi hanno manifestato il desiderio di far pervenire all'amica loro attestati di affetto e solidarietà. Nessuno ha lanciato accuse ma tutti si sono detti dispiaciuti per quanto accaduto, che li ha colpiti molto e addolorati.

Da parte nostra non sono stati adottati provvedimenti disciplinari, anche perché siamo persuasi che le presunte comunicazioni moleste siano avvenute in un contesto extrascolastico. A scuola è infatti vietato l'utilizzo di qualsiasi telefonino, che se viene individuato è subito sequestrato e consegnato in presidenza».

La preside ha infine annunciato di aver attivato «un progetto urgente di prevenzione del cyberbullismo, con la collaborazione dell'Ufficio scolastico regionale e del ministero dell'Istruzione».

 


 

Argomenti:bullismoscuola

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto