Il giro delle Tre Venezie/6 In Cadore, prima linea del fronte in quota

Lungo l’antico confine tra Italia e Austria. Ricordo di Julio Bavastro, il campione del Milan caduto sull’altopiano di Asiago

Il nostro viaggio a piedi attraverso le tre regioni del Nord-Est si rivela, ogni giorno di più, anche un percorso alla scoperta di lingue, culture e minoranze che compongono da secoli il mosaico della società veneta, friulana e trentina. Muovendo da Pieve di Cadore verso Nord, alla volta del lago di Santa Caterina e del territorio di Auronzo è raro non percepire, nell’arco di una sola giornata, cambiamenti significativi nella parlata della gente.

La Grande Guerra fu anche uno scontro fra montanari affini per idioma e cultura, ma separati cento anni fa tra Duplice Monarchia e Regno d’Italia: furono richiamati nell’esercito imperial-regio i ladini dell’odierno Trentino-Alto Adige e gli ampezzani. All’epoca, Cortina era parte del Tirolo e, quando fu occupata dall’esercito italiano, i locali ebbero a lamentarsi, in particolare, della condotta vessatoria dei soldati cadorini... Parenti serpenti?

Siamo a ridosso dell’antico confine, prima linea del fronte nella guerra in alta quota che, fra imprese eroiche e sofferenze inimmaginabili, sconvolse per due anni i Monti Pallidi; fra il ’15 e il ’17 ci si arrampicò per pareti inviolate e si fecero saltare intere porzioni di montagna con le cariche esplosive, prima che la rotta di Caporetto imponesse l’abbandono di vette, cenge e passi costati decine di migliaia di vite umane.

Lasciando Auronzo alla volta di Misurina leggiamo del bombardamento del rifugio Tre Cime, e delle imprese leggendarie di Sepp Innerkofler, guida provetta e capo d’una pattuglia volante di scalatori tirolesi. La pena per la sua fine nel corso di un’azione chiaramente votata al sacrificio non è diversa da quella che proviamo per il calciatore Julio Bavastro, nato in Uruguay, e trasferitosi nel 1910 a giocare a Milano, prima sulla sponda rossonera e poi con la maglia dell’Inter.

Non c’è accordo sulla sua nazionalità originaria (i due club, nei loro archivi, lo ricordano l’uno come uruguagio, l’altro come paraguayano), ma in ogni caso era oriundo italiano, e gli fu semplice ottenere la nostra cittadinanza, fra i cui effetti imprevisti ci fu la chiamata alle armi nel 1915: l’attaccante acclamato dagli sportivi milanesi, divenuto semplice bersagliere, trovò la morte come migliaia di altri ragazzi nel gennaio del ’18, sul fronte dell’Altopiano di Asiago.

Arriveremo anche lassù, nell’isola di lingua cimbra dei Sette Comuni, ma per adesso ci godiamo i prati verdi del Tirolo meridionale, un lembo di terra che si ritrovò in Italia senza chiederlo, dove sventolano vessilli con l’aquila rossa, si fa merenda con birra e bauerntoast di pane nero, e gli eroi popolari si chiamano Oswald von Wolkenstein, Andreas Hofer e Silvius Magnago.

Quest’ultimo, considerato il padre dell’autonomia altoatesina, è omaggiato persino nel Messner Mountain Museum di Castel Firmian, e forse lo stesso Messner è l’ultimo personaggio epico di questa affascinante “terra di mezzo” abbracciata alle montagne.

Da Sesto scendiamo a San Candido, e da lì ci trasferiamo in una pittoresca pensione di Braies che fa da campo-base per la salita a Forte Vallandro. , fra i pascoli ancora innevati di Prato Piazza: in piena estate c’è la fila fuori dal rifugio, mentre ora condividiamo la maestà del panorama, dominato dalla Croda Rossa d’Ampezzo, con pochi escursionisti italiani, austriaci e tedeschi, le stesse nazionalità che qui si diedero battaglia cento anni fa, e ora si limitano a condividere gli stessi sentieri.

Un comodo percorso di fondovalle conduce a Brunico, quindi risaliamo la Val Badia sino a Pedraces, mentre l’indomani attacchiamo, nel senso escursionistico del termine, il sentiero ancora innevato che sale a Passo Gardena per poi scendere su Selva. Le terre incantate di re Laurino si stendono sotto il poderoso incudine del Sella, per protendersi verso il Sassolungo e i pascoli dell’Alpe di Siusi.

I campanili a cipolla di Castelrotto e Fiè, all’ombra dello Sciliar, non distano più di una giornata a piedi dalle porte di Bolzano. Una passeggiata sotto i portici e una visita al museo di Oetzi, l’uomo preistorico uscito dai ghiacci del Similaun, sono l’ideale per riprendere le forze in vista delle ultime due settimane di viaggio: la strada degli Psicoatleti verso lo specchio del Garda è ancora lunga, così brindiamo in tre lingue – «Salute!», «Prosit!», «Vives!» – alla tappa di domani.

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