L’architettura nel piatto, sfida per gli chef

Dalla Nouvelle Cuisine l’estetica è ormai un ingrediente della buona tavola. Scarello: cerco l’equilibrio tra mente e palato

UDINE. Nel corso dei secoli il cibo è stato rappresentato per stupire l’ospite e magnificare il potere del principe rinascimentale, con costruzioni alimentari scenografiche, primizie, cibi preziosi.

Un excursus storico veloce ci porta tra Otto e Novecento con la cucina borghese e le sue codifiche di piatti e portate in una impeccabile geometria rituale.

Nel 1930 la scossa de “il Manifesto della cucina futurista” che introduce una cucina piú attenta alle innovazioni, ai colori e ai profumi, piú che alla forma. Negli anni Settanta, la Nouvelle Cuisine: attenzione all’estetica nella progettazione del piatto, considerato un vero campo architettonico.

Oggi, ciò che ci viene trasmesso nel piatto è una sintesi dei vari cambiamenti trascorsi nei secoli, alla ricerca del piacere profondo per il palato, una piacevole fusione tra architettura per gli occhi e per la bocca. L’architettura del piatto è un tema poco trattato, ma per gli chef piú rinomati è quasi un punto di partenza.

Per Emanuele Scarello, chef del ristorante “agli Amici”, a Godia dal 1887, due stelle Michelin, grand chef dei Relais Chateaux, il centro del piatto non è importante.

«Quando penso un piatto, desidero valorizzare i bordi, - precisa lo Chef - il resto può anche essere vuoto, attiro l’attenzione su quello che è il cibo con la sua forma, in una parte dove l’occhio non cade subito, ma è invitato a concentrarsi su colori e profumi».

Il piatto non per forza deve essere pieno e ricco: essenziale la cura degli ingredienti nel rispetto delle materie prime, mai troppo distanti dal recinto friulano, privilegiando qualità su quantità. Le portate rivelano una felice cromia pittorica, insieme a passione ed energia, grazie all’aiuto di un team affiatato e al prezioso aiuto della sorella Michela, sommelier, direttrice di sala e curatrice di tutte le bellezze che il ristorante offre.

Ogni piatto, con la sua forma e il contenuto, racconta e regala un’emozione: «Desidero ristorare conciliando il momento conviviale con quello cerebrale.- continua Emanuele -. Ogni piatto parla di me, del mio sentire ed essere, è l’evoluzione di un concetto che ho nelle mie corde».

La forma del piatto è fondamentale: nella sua ricerca Scarello dedica ogni anno un piatto al mare, una delle sue passioni piú grandi.

“Brezza” è stata la prima esperienza: l’estetica del piatto è andata di pari passo con la funzione: un piatto svasato accoglie il pesce crudo avvolto da un brodo profumato di alghe e limone. Il tutto ricoperto da una pellicola trasparente, solitamente utilizzata in campo medico.

Al momento del servizio al tavolo, la pellicola sollevata, inebria il cliente con la brezza marina di un sushi che profuma di mare, in un percorso olfattivo di senso, odore e profumo. L’ergonomia del piatto è fondamentale in cucina.

Niente decorazioni invasive né bombature che squilibrano l’estetica della presentazione. Il piatto pensato per “Bassa Marea” è artigianale, stratificato in orizzontale a ricordare i segni irregolari lasciati sulla sabbia quando il mare si ritrae. L’alternanza dei molluschi, la sabbia edibile e la schiuma realizzata con l’acqua di cottura, riproducono, con grande poesia, l'ambiente marino.

Arriva “Mareggiata” a esprimere l’impeto del mare freddo in inverno: il piatto artigianale, ripropone il movimento e la mescolanza continua degli ingredienti, il tutto coadiuvato dall’effetto della schiuma del mare ricreata con l’albumina.

Si gioca tra pieni e I vuoti, orizzontalità e verticalità a secondo di ciò che gli ingredienti richiamano. Colore e freschezza dei cibi fanno il resto.

«Ogni elemento va pensato, realizzato, testato e corretto, - precisa Scarello - il piatto si pensa schiacciato, visto dall’alto, e poi in prospettiva cosí come il cliente lo vede. La posata ha il suo ruolo, solo con un cucchiaio si suggerisce l’invito a tirare “la sabbia” e gustare in modo progressivo gli ingredienti.

Un percorso sensoriale dove precisione, bilanciamento degli ingredienti, cura e attenzione collimano.

«Proprio oggi ho pensato a questa campana di vetro: una nuova portata in cui, foglia di rosa, dragoncello, mini bacelli di piselli ed altre sorprese ci fanno vivere un sogno, per una cucina essenziale, contemporanea, di sapore ed equilibrio. - sorprende ancora Emanuele- con la raffinatezza in ogni gesto e parola, per una poesia che non ha mai fine».

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