Agnellino, erbe spontanee e schiuma di latte di pecora

Andrea Canton



Ricordi indelebili dei giorni precedenti la Pasqua, profumi forti di baccalà cucinato per il venerdì santo, la caldiera della polenta sempre sul fuoco, la vecchia pentola con le bucce di cipolla per colorare le uova, capretti e agnellini nel recinto dell'orto insieme al maiale, a conigli e galline. La nostra era anche una fattoria. Io bambino, nato sopra la vecchia Osteria prima che mio padre la trasformasse in ristorante, ero immerso in questo trambusto, mia zia Betta in cucina era la cuoca, ricordo ancora il pupazzetto che mi preparava con l'impasto dei gnocchi rosolato nella piastra calda. La mattina di Pasqua si sentiva un gran profumo di agnellino, la zia lo infornava presto al mattino e quando era ben cotto lo copriva con un trito d'aglio ed erbe aromatiche, lo bagnava con il vino bianco e prima di servirlo lo imburrava e lo rosolava ancora per renderlo croccante e dorato. Quelli erano gli anni 60... Oggi usiamo altre tecniche: il sottovuoto, l'estrazione degli aromi, gli abbinamenti più originali. Ma per l'agnellino di Pasqua che unisce la famiglia ritorno alla tradizione aggiungendo solo un idea di modernità: un mazzetto di erbe spontanee, della schiuma di latte di pecora e qualche goccia di pesto di aglio orsino. —

Argomenti:cibofvg

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto