Dal Vintage Tunina di Jermann a Ruttars al Sauvignon di Pitars
Da qualsiasi punto di vista la si guardi, l’Italia è come un grande mosaico. Basta spostarsi di pochi chilometri e il paesaggio cambia; e con il paesaggio cambiano le tradizioni, il modo di parlare, il cibo e anche il vino. Il Friuli Venezia Giulia non fa eccezione. In un’ora e mezzo ci si può spostare dal mare alla montagna facendo un viaggio nel gusto che può sorprendere anche chi nella regione vive da sempre. C’è varietà e tanta ricchezza non esclude di certo la qualità.
Al contrario. Anche se a livello internazionale ci sono eccellenze geografiche più note di quelle regionali, in Fvg è difficile bere male: bisogna essere sfortunati. Tutta questa premessa per dire semplicemente che scegliere dei vini da raccontare rappresenta un’impresa titanica.
In un territorio ad altissima vocazione enologica è davvero difficile fare una selezione senza fare torto agli esclusi. Ecco allora la necessità di guardarci con gli occhi altrui: quelli di James Suckling, uno dei guru del vino che in settembre a Hong Kong ha proposto una “fantastica selezione” di vini dei migliori produttori italiani. Tra questi 100 ci sono tre cantine del Friuli Venezia Giulia. Sono Jermann, Pitars e Schiopetto.
Tra i saliscendi di Dolegna del Collio, in località Trussio, a Ruttars, c’è una delle aziende più premiate a livello mondiale. Da Jermann lo studio della biodiversità è stato sin dall’inizio uno dei principali obiettivi sia riguardo l’ecosistema che ospita la vite, sia in relazione agli ambienti in cui crescono le altre coltivazioni. Il vino di punta e più rappresentativo è il Vintage Tunina, un vino che viene prodotto dal 1975 e che ha fatto conoscere il nome dell’azienda a livello internazionale.
Ottenuto da uve Sauvignon, Chardonnay, Malvasia, Ribolla Gialla e da una piccola percentuale di vino dolce autoctono è un uvaggio che si abbina con una grande varietà di piatti a base di pesce - soprattutto al forno e salsato -, ma arriva a poter sposare anche carni bianche. Il Doctor Wine, Daniele Cernilli, lo ha apprezzato soprattutto con un cuscinetto di salmone fresco ripieno di parmigiano e carciofi.
Dalle colline, alla pianura. Dialogano con le due sponde del Tagliamento i vini di Pitars. Dalla cantina in bioedilizia realizzata sulla sponda destra dell’ultimo fiume selvaggio d’Europa si può vedere, sulla sponda opposta, la collina di San Daniele del Friuli.
L’abbinamento è immediato. La leggenda narra che san Cristoforo, grazie alla statura gigantesca e a una forza eccezionale, aiutasse i viandanti a superare le acque pericolose di un fiume, e proprio a san Cristoforo è dedicata la vigna di 40 ettari realizzata in prossimità del guado che unisce le province di Pordenone e Udine dove, su un terreno ghiaioso e leggero, l’azienda coltiva soprattutto uve da vini bianchi – Friulano, Pinot grigio, Prosecco, Sauvignon e Traminer – ma anche il Merlot, il vitigno che riporta alle origini della storia di Pitars.
A unire le due sponde ci pensa in questo caso il gusto. Per le caratteristiche del terreno qui si realizzano vini bianchi magri e molto minerali. «Il Tagliamento è un unicum a livello europeo - ricorda Nicola Pittaro -. Con le sue brezze asciuga i vigneti e permette di realizzare grandi prosciutti.
Per i vini, da una parte, questo microclima porta aromaticità e, dall’altra, una sapidità particolare». Nel dettaglio il Souvignon qui si esprime all’ennesima potenza e crea un bouquet intenso dove i profumi della salvia e del peperone verde si mescolano a un caleidoscopio di note tropicali.
Questa complessità si sposa bene con un San Daniele stagionato. «Quando il prosciutto si affina, perde acqua e si perdono note sapide. Ci sono dei 36 mesi che sono potenti e che hanno bisogno di vini allo stesso livello». Per un prosciutto più giovane e grasso, invece, l’abbinamento più adatto è la ribolla gialla reinterpretata con una spumantizzazione in autoclave sui lieviti di almeno 6 mesi.
A differenza di quanto fanno i 7 produttori della Ribolla Gialla di Oslavia, dove la scelta è di fare macerare e invecchiare, Pitars va in direzione opposta. «Abbiamo mantenuto l’identità del vino, aggiornandolo e creando una cosa diversa. Quando il prosciutto è giovane, è piuttosto grasso e ha bisogno di abbinarsi a qualcosa che pulisca la bocca e le bollicine sono perfette».
Tornando sul Collio, l’Azienda Schipetto di Capriva del Friuli è un’altra eccellenza mondiale il suo prodotto di punta è quello dedicato al suo fondatore. Il vino M-Mario Schiopetto Friulano DOC Collio 2018 prende vita da uve di Friulano impiantato dalla Curia di Gorizia nel 1954, insieme ad una piccola parte di Riesling, nel versante più bello, esposto a sud, della proprietà. Vinificato in purezza, in acciaio, esce solo nelle grandi annate, raggiungendo un’espressione unica.
Sintesi perfetta tra l’espressività territoriale del Friulano (95%) e la complessità minerale del Riesling (5%) svela la quintessenza del territorio caprivese ed è ottimo con primi piatti in generale, anche a base di pesce, con zuppe e con carni bianche. In particolare, il suo corpo si sposa bene con spaghetti all’astice.
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