Friuli, malga che vai... formaggio che trovi LA GUIDA

Escursionismo, natura e prodotti tipici: pubblicazione dell’Ersa. Un’occasione per avvicinarsi ai ritmi tradizionali della vita alpina

UDINE. Erano gli anni di Rotari, o giù di lì, 650 dopo Cristo e le Alpi friulane erano già monticate, come risulta da un atto di donazione riguardante un monte presso Ampicio.

A sospingere in quota mandrie e greggi avrà certo contribuito l’onda delle invasioni barbariche, però i primi malgari avranno presto capito come il terreno si prestasse benissimo alla zootecnia, e come il pascolo d’altura avesse effetti benefici sul bestiame e sul latte.

In epoca patriarcale, così, l’attività si sviluppò, e nel 1275 Raimondo della Torre normò l’uso dei terreni dietro la corresponsione di una decima. Di qui prese le mosse una produzione lattiero-casearia di montagna, che si è perpetuata nei secoli, e che ai giorni nostri ha affiancato alla tradizionale funzione economica primaria anche una non trascurabile valenza turistica.

In questo contesto si colloca «Malga che vai... formaggio che trovi», la guida curata dall’Ersa, che il Messaggero Veneto ha offerto come allegato e che ora pubblica sul web.

Un libriccino agile, chiaro e accattivante, opera di Giordano Chiopris ed Ennio Pittino, che vuol far conoscere una realtà territoriale importante per una serie di ragioni, al di là della pur importante attività agro-alimentare.

Ci sono 64 schede per dieci settori montani (Alta Val Degano, Alta Val But, Val Chiarsò, conca di Pontebba, Alpi Giulie, dorsale Sauris-Val Pesarina-Ovaro, Alta Val Tagliamento, dorsale Zoncolan-Arvenis-Dauda, Prealpi Carniche e Giulie, Pordenonese). Di fatto, altrettante ipotesi di uscita escursionistico-gastronomica (molte malghe, oltre a latte, formadi, scuete e spongje di mont, offrono anche ristoro con piatti tipici, e possibilità di pernottamento) e l’occasione di riavvicinarsi agli usi e ai ritmi che hanno scandito storicamente la vita dell’uomo. ©RIPRODUZIONE RISERVATA

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